Dieci motivi

La durezza del vivere
3 min readFeb 19, 2019

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Per chiudere i vostri account social. Adesso.

L’autore è un insider della Silicon Valley, tra i primi creatori della realtà virtuale, esperto di computer e calcolo, con un curriculum lungo così, già autore di diversi libri.

Perché chiudere subito i nostri account social? Ecco l’elenco di Lanier:

  1. Perché i social limitano la libertà: inducendo una modifica nei nostri comportamenti e mettendo su questi una certa pressione sociale, essi conducono verso un insieme di comportamenti obbligati. In sintesi i social, più che manipolare l’informazione (vedi oltre), manipolano i comportamenti e creano dipendenza. Lanier chiama BUMMER (“Behaviors of Users Modified, and Made into an Empire for Rent”) il meccanismo perverso attivato dai social. Per loro natura, i social vivono solo se l’utente interagisce, quindi il meccanismo è quello di modificare i comportamenti dell’utente in modo che interagisca il più possibile, sino a creare dipendenza. L’intento del BUMMER è trasformare il comportamento degli utenti in un prodotto.
  2. Chiudere gli account social è una forma di resistenza alla follia che invade il mondo. Per loro natura, i social clusterizzano gli utenti a seconda dei loro comportamenti online. Si creano così “gruppi” trasversali a qualunque precedente possibile storica classificazione, per numerosità e dislocazione geografica. Il campo di gioco dei social è il mondo intero.
  3. I social ti trasformano in uno stronzo. I social gratuiti sono pagine bianche da riempire: ci si va non per fare qualcosa di specifico ma per esprimere se stessi “dicendo cose”. Se tutti fossero sui social solo per leggere e informarsi, i social non funzionerebbero. Serve qualcuno che dica cose. In genere, queste cose partono dal peggio.
  4. I social sono il brodo di coltura delle falsità.
  5. Essendo i social un contesto puramente fittizio, ciò che diciamo sui social diventa privo di significato. In altre parole, la piattaforma è il contesto e, essendo questa “decisa” a monte, per esprimersi si possono usare solo i codici della piattaforma. Questi codici, fuori dalla piattaforma, non hanno senso. L’autore non lo dice così, ma il senso è questo.
  6. I social distruggono l’empatia. Il meccanismo dei like e dei follower, così come la pubblicità mirata sui gusti personali, crea milioni di mondi personali (bubble) in cui ciascuno trova conferme a ciò che pensa, anche se ciò che pensa è fortemente “scorretto”. Si creano delle bolle sociali coerenti al proprio interno, ma in perenne conflitto con tutte le altre.
  7. I social rendono infelici. Si innescano meccanismi di competizione su stili di vita e numero di follower, per esempio.
  8. I social non vogliono che l’utente abbia una dignità economica. Per loro natura, essi spingono ad avere piccoli guadagni da tanti piccoli lavori. Idealmente, un cliente-lavoratore ideale per i social è un autista Uber che spende i propri guadagni comprando offerte speciali Amazon attraverso un banner su Facebook.
  9. I social inquinano la politica.
  10. I social odiano la tua anima e la vogliono. Limitando il libero arbitrio scegliendo i codici della comunicazione impongono un modo di pensare sin dalle fondamenta dell’essere.

Ora…

L’autore è, dicevamo, un insider, quindi tutto ciò che dice va preso con molta cautela. Alcune cose vanno rigettate in toto. Ad esempio, l’invocazione di far pagare i social per alzarne la qualità dei partecipanti, o il fatto che dai social nascono le fakenews (aridaje…). Nè l’autore mostra in questo saggio di avere letto Packard o Baudrillard. La conclusione poi è:

“Chiudete l’account, ma aiutateci a capire come possiamo fare meglio”.

Quella contenuta nel libro, dunque, non è una critica radicale al sistema dei social, ma una critica a come sono adesso.

Tuttavia, mi sento di consigliarne la lettura, soprattutto per comprendere il meccanismo dei comportamenti indotti, vera chiave dei social e vero pericolo latente.

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La durezza del vivere

https://t.me/durezzadelvivere Attenuare quel diaframma di protezioni che […] hanno allontanato l’individuo dalla durezza del vivere (T. Padoa Schioppa)