Il capitano di Köpenick

Una storia tedesca

La durezza del vivere
5 min readJun 4, 2017

Il 16 ottobre 1906, a Berlino, un ladruncolo di nome Wilhelm Voigt si rese protagonista di una storica beffa. Dopo aver indossato diversi pezzi di uniforme da capitano, che aveva comprato usati, reclutò alla caserma locale una decina di soldati, che alla vista dell’uniforme, addestrati ad obbedire senza domande, seguirono Voigt.

Der Hauptmann von Köpenick

Con il suo ristretto manipolo, Voigt si diresse in treno verso Köpenick, a est di Berlino, dove occupò il municipio. Ordinò quindi al locale ufficio postale di impedire qualsiasi comunicazione con Berlino per un’ora e arrestò il tesoriere e il sindaco, affermando di sospettarli di irregolarità sui bilanci. Confiscò 4.000 marchi, rilasciando anche una ricevuta. Poi requisì due carri, e ordinò ai granatieri di portare gli uomini in stato di arresto a Berlino per l’interrogatorio. Ordinò alle altre guardie di rimanere in posizione per mezz’ora, e si allontanò verso la stazione. Dopo essersi cambiato in abiti civili, scomparve.

Tecniche di manipolazione

La storia è interessante, non solo perché sembra confermare certi simpatici (o meno) stereotipi sui tedeschi, ma anche perché è un’applicazione pratica di alcuni meccanismi psicologici che vengono utilizzati in diversi contesti.

In particolare, Voigt utilizzò la sua autorità di capitano che gli veniva da nient’altro che… un vestito. Questo metodo di controllo della psiche, di regressione e transfer, mira a far sentire una persona piccola, come un bambino, in modo tale da acquistare ai suoi occhi una autorità di genitore. Il transfer è una tecnica manipolatoria grazie alla quale ci si appropria dell’autorità o dell’approvazione di qualcuno che è rispettato e la si trasferisce a qualcosa che si vuole fare accettare. Nel caso specifico, Voigt sfruttò il rispetto verso l’autorità che la sua uniforme gli dava, prima per mobilitare i soldati, poi per farsi consegnare 4.000 marchi e infine per allontanarsi indisturbato. Nell’utilizzo manipolatorio del meccanismo di transfer, l’utilizzo di simboli è vitale: in questo senso, l’uniforme del capitano è un perfetto strumento.

Il sistema dell’informazione mainstream utilizza moltissimo questi meccanismi che derivano dallo studio della nostra psiche. Negli anni ’30, poco prima dell’ingresso in guerra, il governo degli Stati Uniti diffuse una guida per insegnare ai cittadini a riconoscere la propaganda. Ci credereste? Ve la immaginate oggi, una guida simile, distribuita dalla maggiore agenzia di contro-informazione del mondo?

Nella guida, si elencavano alcune tecniche manipolatorie e si davano agli americani gli strumenti per riconoscerle. Ad esempio, la paura: se un messaggio è teso a diffondere paura o odio, siamo più portati ad esprimere un giudizio senza analizzare a fondo i fatti su cui dovremmo basarci per decidere. La paura è più forte della ragione. Abbiamo avuto, anche nella storia recente, centinaia di esempi dell’uso spregiudicato della paura da parte di certa informazione, per far andare le cose in un tal modo. Pensate alle varie narrazioni del terrorismo, o delle armi di distruzione di massa? Sì, certamente. Ma si può pensare anche a quel monumento alla manipolazione rappresentato da questo:

Prima pagina de Il Sole 24ore del 10 novembre 2011

Un’altra simpatica tecnica propagandistica è quella delle banalità brillanti: il manipolatore userà termini generali e positivi come amore, giustizia, vita, diritti, fratellanza, pace, progresso, democrazia, popolo, eccetera. Userà questi concetti per cercare di convincerci che la sua parte è quella giusta. Al contrario della paura, che serve a farci condannare una posizione senza documentarci, le brillanti banalità servono a farci accettare qualcosa abbassando le nostre difese e, ancora una volta, mirando a far ritenere superfluo il documentarsi.

Che dire poi dei testimonial? Usare un nome importante, una persona nota, che sposi la causa del manipolatore. Che so, un Leonardo di Caprio che dopo il film con l’orso inizia ad agitarsi per il cambiamento climatico. Chissà se gli hanno detto che il suo mandante è un acciaiere tedesco! La cosa simpatica di questa tecnica è che funziona anche al rovescio: utilizzare un testimonial negativo per spingere idee contrarie. Questo spiega la nascita e l’attenta coltivazione nel mondo dei media di tanti cattivi ragazzi, a cominciare dall'attuale inquilino della Casa Bianca.

E poi, il gregge. Chi manipola farà appello all'unità. Chiamerà a raccolta le piazze, organizzerà le marce e le parate, riempirà gli stadi, farà concerti e maratone. Userà simboli, musica, sport, arti, cercando di generare quel sentimento di comunanza che ci fa essere sicuri di stare dalla parte giusta, perché se il popolo vuole così, e io faccio parte del popolo, allora io voglio così. E così è indubitabilmente giusto, perché noi siamo i buoni.

Difendiamoci

Queste e moltissime altre tecniche di manipolazione dell’informazione sono utilizzate quotidianamente. La battaglia della propaganda infuria più che mai. Ogni cosa che ascoltiamo, leggiamo, vediamo può essere stata originata dalla propaganda e può essere stata studiata per manipolarci. Non si tratta di un complotto: è esattamente il modo con il quale funziona il mainstream. Ora, a fronte dei sottili e raffinatissimi meccanismi studiati e applicati nella manipolazione dell’informazione, ci sono alcuni accorgimenti che possiamo adottare per cercare di distinguere il vero dal falso, o perlomeno per cercare di individuare la propaganda che condisce (indesiderata) una notizia, sino a cambiarne il senso.

Per valutare un articolo di giornale (o una qualunque notizia, che sia un video, un telegiornale, un post su Facebook) può essere utile questo rozzo schema:

  1. Quale è la fonte di questa notizia? Come ha fatto ad arrivare sino al giornalista? Chi gliel'ha data? E’ possibile che la notizia sia stata originata direttamente dal giornalista, oppure gli è stata “passata”? Si tratta di fonti confidenziali o di fonti ufficiali? Come dimenticare certi articoli dove si leggono virgolettati attribuiti a questo o a quello…?
  2. Chi trae beneficio dalla notizia così come è stata data (o dall'articolo così come è stato scritto)? Chi è interessato al fatto che chi legge sia d’accordo con quanto scritto? Insomma, il caro, vecchio cui prodest?
  3. Ci sono interessi economici che influenzano la neutralità della notizia così come è stata data? Quali sono? Anche qui, niente di nuovo: follow the money.
  4. Esistono pareri difformi, diversi o contrari, rispetto a quanto riportato nell'articolo? Ad essi viene riservato lo stesso trattamento, dato lo stesso spazio?
  5. Quale è il messaggio sotteso dell’articolo? Che cosa ha voluto trasmettere l’articolo? Quale è il concetto di fondo che si vuole far passare?

Queste sommarie indicazioni dovrebbero fare parte delle avvertenze e modalità d’uso dei media, come esistono per i medicinali o persino per i detersivi, assieme a un disclaimer che rappresenti i potenziali conflitti di interesse.

Per la cronaca, il capitano di Köpenick fu arrestato pochi giorni dopo l’audace impresa, ma la sua storia piacque talmente tanto che fu perdonato. Della vicenda si fece addirittura una commedia, che ebbe un ottimo successo, e poi un film negli anni ‘50.

Bibliografia

Come potete immaginare, la bibliografia sulla comunicazione persuasiva è sterminata. Dev'essere per questo che ci sono così tanti laureati in comunicazione, quasi tutti disoccupati. Comunque, non avrei potuto scrivere questo post senza la base rappresentata in particolare dai seguenti testi:

Coercion, Why we listen to what “they” say, D. Rushkoff, 1999

I persuasori occulti, V. Packard, 1989

La fabbrica del falso, V. Giacché, 2011

The selfish gene, R. Dawkins, 1989

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La durezza del vivere

https://t.me/durezzadelvivere Attenuare quel diaframma di protezioni che […] hanno allontanato l’individuo dalla durezza del vivere (T. Padoa Schioppa)